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COMUNICATO STAMPA
Anteprima del documentario Hasankeyf waiting life
Giunto alle fasi finali della post-produzione, il documentario Hasankeyf waiting life verrà presentato il 22 dicembre 2008 alle ore 21.00 al Cinema Teatro Nuovo di Varese durante una serata ad inviti.
Girato nell'estate 2008 e prodotto da Hagam – esserincomunicazione, il documentario Hasankeyf waiting life racconta di un angolo del mondo tra Diyarbakir, Batman e Mardin, nella Turchia sud orientale sulle rive del Tigri. Un piccolo centro dove abitano 5000 persone, per la maggior parte di origine curda, che aspettano: la diga in progetto, una volta completata, sommergerebbe il loro villaggio sotto 30 metri d’acqua.
Il Tigri scorre in questa valle fatta di strapiombi di roccia alti 200 metri da cui si domina tutta la bellezza di una terra che ci riporta agli albori della civiltà. Proprio su queste alture, sopra il villaggio, ci sono i resti di una città medioevale scavata interamente nella roccia.
Più sopra, valli solitarie si inerpicano su alture rocciose. Sotto, tutto intorno e perfino sulle rive del Tigri, grotte artificiali lasciano immaginare un numero impressionante di abitanti di epoche passate.
Nonostante la prospettiva della diga, ad Hasankeyf tutto continua come se nulla dovesse accadere. I bambini giocano nell’acqua, i più grandi portano al pascolo capre e mucche, mentre le ragazze al fiume lavano i panni, i piccoli ristoranti attendono i pochi turisti che durante l’estate raggiungono Hasankeyf. La sera, quando fa caldo, gli anziani si trovano fuori dai due bar a giocare a carte o a backgammon mentre la televisione trasmette gli europei di calcio.
Non c’è lavoro ad Hasankeyf. Le prospettive di vita sono limitate alla povera realtà del villaggio. Nessuno vuole investire in un turismo che potrebbe diventare florido, se solo il paese tra qualche anno ci fosse ancora.
Entrando con discrezione in questa comunità, Hasankeyf waiting life cala nella quotidianità un conflitto più grande, dove la storia si scontra con la modernità, gli interessi nazionali con quelli locali, l’esigenza di crescita personale con la preservazione delle proprie radici.
.........................................................................................................................................................................................Varese, 10 dicembre 2008
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Hasankeyf è un antico villaggio sulle sponde del fiume Tigri, nella Mesopotamia assira e bizantina, dove le culture dell’Asia centrale e della Persia incrociavano quelle europee.
Oggi ad Hasankeyf abitano cinquemila persone, per la maggior parte di origine curda: una comunità che vive come sospesa da quando, nel 1954, nacque il progetto della diga Ilisu, che una volta completata sommergerà Hasankeyf sotto 30 metri d’acqua.
Ma ad Hasankeyf tutto continua come se nulla dovesse accadere. I bambini giocano nell’acqua, i più grandi coltivano la terra e portano al pascolo gli animali, le ragazze al fiume mungono le capre, i piccoli ristoranti attendono i pochi turisti che durante l’estate raggiungono Hasankeyf.
Non c’è lavoro ad Hasankeyf. Le prospettive di vita sono limitate alla povera realtà del villaggio. Nessuno vuole investire in un turismo che potrebbe diventare florido, se solo il paese tra qualche anno ci fosse ancora.
Mentre altrove si decidono le sorti di questo luogo, un’intera comunità vive in un limbo.
Hasankeyf waiting life cala nella quotidianità della vita del villaggio un conflitto più grande, dove la storia si scontra con la modernità, gli interessi nazionali con quelli locali, l’esigenza di crescita personale con la preservazione delle proprie radici. |
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Italia 2009, 56', Hdv, documentario
Regia: Mauro Colombo
Soggetto: Massimo Lazzaroni e Mauro Colombo
Produzione: Hagam
Produzione esecutiva: Gianluca Gibilaro
Direttore di produzione Hasankeyf: Veysy Kocaman
Art Director Daniele Di Luca
Musiche originali: Marco Caielli e Andrea Sessa
Con
Mehmet Tarhan, Suayp Basaran, Cemile Arl, Jiyan Kandemir, Aysun Kaya, Tuba Bicakci, A. Alim Altun,
M. Sirin Gul, Abdusselam Ulucam, Abdulvahap Kusen, Sukran Kusen, Azad Tamkan, Famiglia Tamkan e Famiglia Seker
Post produzione audio: La Sauna;
Suono in presa diretta: Hasan Tunc;
Documentazione e ricerche: Massimo Lazzaroni;
Assistente alla produzione Hasankeyf: Jillian Hopkins;
Montaggio: Mauro Colombo;
Traduzioni: Veysy Kocaman, Schioresc Emen, Pinar Okal Kelesoglu;
Assistente al montaggio e title design Francesca Costaldi;
Materiale tecnico Media 88.
Con il sostegno di
Manuel Benedusi, Luigi Bonacina, Lorenzo Bossi, Marina De Giovanetti, Dino De Simone, Mariangela Gerletti, Andrea Perotti,
Stefania Radman, Cristina Ronzoni,.Giulio Rossini, Donata Sbardellati, Stefano Soru, Beatrice Spozio, Fabiana Spozio, Raffaele Taranto,
Marco Tenaglia, Angelo Zappoli.
Si ringraziano
Ambasciata di Turchia – Ufficio Cultura e Informazioni, Provincia di Batman – Ufficio cultura, Kashir Viaggi, Osman Varol, Halit, Edip,
Hassan Seker, Cemal Yilmaz, Sabahattin Demirtas, Ziya Sutcu, Andreas, Caner Tekin,
Serdar Bekiroglu, Kadir Ilker Öztürk, Mehmet Sait Tune, Presidio sanitario di Hasankeyf, Liceo Besir Tutus,
Mario Agostinelli, Luigi Cipriano, Alessandro Pollio, Michele Sasso, Luciano Cefariello, Alfredo De Bellis, Mila Forlani,
Gianpaolo Gelati, Mauro Gervasini, Alessandro Leone, Silvia Mastorgio, Marco Odorico, Valentina Polonio, Ezio Riboni, Lidia Romeo,
Paola Sacchiero, Giuseppe Sangiorgio, Manuel Sgarella, Michele Todisco, Andrea Turri, Hendrick Wijmans, Barbara Zanetti,
Filmstudio90, Cooperativa Sociale Totem.
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NOTE DI REGIA
Circa due anni fa una volontaria di un’associazione di cooperazione internazionale ci ha raccontato del suo lavoro di aiuto e sostegno alla popolazione di un villaggio curdo e delle conseguenze del progetto della costruzione di una diga sul fiume Tigri. Ilisu, così il nome della diga, provocherebbe l’inondazione del paese e di tutta la zona costringendo più di 55.000 persone ad abbandonare i propri villaggi. In quel momento abbiamo registrato la notizia del nuovo progetto in questa parte remota della Turchia semplicemente come l’ennesimo disastro annunciato, forse ormai abituati a leggere notizie di progetti di infrastrutture ciclopiche in ogni parte del mondo, dalla Cina al Sud America, dall’Africa all’India con il risultato di un impatto ambientale devastante. È stato esattamente un anno dopo che, durante un viaggio in Turchia, ci siamo trovati nella zona del Kurdistan turco. Un nome sulla cartina ci è risultato famigliare e ci ha rievocato immediatamente alla memoria quell’incontro di tempo prima. La forte curiosità ci ha spinti così fino sulle sponde del Tigri dove sorge Hasankeyf. Siamo arrivati al mattino dopo qualche ora di viaggio da Mardin con una giornata di sole: la sorpresa di fronte alla bellezza ed al fascino di questo villaggio ci ha colti quasi impreparati. La vallata con le sue pareti di roccia strapiombanti, i resti delle antiche civiltà, le voci dei bambini che giocavano nell’acqua, una vita semplice e lenta, sembrava riportarci all’idea di Mesopotamia che ci siamo fatti durante i nostri primi anni di scuola, quando sentivamo parlare del Tigri e dell’Eufrate, degli assiri e dei babilonesi. Abbiamo parlato con gli abitanti del luogo della vita di Hasankeyf, dei suoi problemi, del progetto della diga e di tutto ciò che è legato a quel progetto. La sensazione che abbiamo ricevuto è stata quella di una sospensione nel tempo, di un’attesa quasi impotente di fronte ad una scelta che non dipende da chi vive ad Hasankeyf. È un’attesa che sembra il precipitato di tutte le difficoltà di una vita povera e dura, in un luogo dove mancano lavoro e prospettive anche perché la sua probabile scomparsa impedisce persino di immaginare un futuro. È nata così l’idea di realizzare un film documentario.
Alcuni proprietari terrieri vogliono vendere la terra, anche se lo Stato la pagherà la metà del suo valore reale: “Non ci sono alter possibilità. Alla fine dobbiamo pensare al futuro dei nostri figli”, ci raccontano, mentre misurano il loro terreno prima di venderlo.
Il sindaco ci porta nel luogo dove lo Stato ha deciso di costruire la nuova Hasankeyf; “La gente che verrà qui ad abitare, ogni mattina vedrà la verà Hasankeyf sotto il fango e sotto l’acqua”. Ma non basta: per vivere nella nuova Hasankeyf, molti dovranno spendere più di quanto che prenderanno vendendo le loro case attuali allo Stato: “Compreremo una nuova casa nella nuova Hasankeyf. E poi? Poi vivremo con un debito enorme”.
Qui la gran parte degli abitanti è curda: “Il governo turco vuole mandarci via da qui. Ma ha mai pensato a noi? Perchè non ha mai costruito fabbriche qui? Perchè tutti gli investimenti sono nel resto della Turchia e non nell’est?”. La donna è amareggiata: la sua famiglia ha dei terreni, ma lei non vuole andarsene.
La sera un gregge di pecore arriva sulla riva del Tigri, le donne e i bambini le mungono. “No, non vendiamo il latte, non ce ne avanza. Basta appena per noi. Il nostro destino è questo: lavorare nei campi e tenere gli animali. Cosa possiamo fare? Ma mi piace hasankeyf, non la voglio sott' acqua”.
La voce del Muhazin si sparge in tutta la vallata. Al tramonto la luce è dorata. Il proprietario di un ristorante ci mostra una casa scavata nella roccia nel castello che sovrasta Hasankeyf. “Abbiamo vissuto qui fino al 1966. La vista è più bella di quella della Casa Bianca”. Guarda il paesaggio sotto di lui. “Che cosa succederà a questa gente? Verranno trasferiti nella nuova Hasankeyf, senza lavoro, senza la sua storia? Vedremo. Se deve succedere, succederà.”
Come il fiume, anche il tempo scorre e le prime ruspe si muovono e le voci si diffondono. Chi abbandonerà il paese per un lavoro in città? Chi si trasferirà nella nuova Hasankeyf? Chi lotterà fino alla fine per il paese di suo padre, di suo nonno e del nonno di suo nonno?
Hasankeyf è un paese in attesa delle decisioni di qualcun altro: uno stallo che emerge attraverso le parole, le atmosfere, gli ambienti, i sentimenti, le impressioni, i suoni.
............................................................................................................................................................................................................Mauro Colombo
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NOTE DI PRODUZIONE
Hasankeyf waiting life nasce da un'idea di Mauro Colombo e Massimo Lazzaroni, che, di ritorno da un viaggio tra la Turchia e la Siria, riportano alcune decine di minuti di girato: un'ansa del fiume Tigri, una valle fatta di strapiombi di roccia alti 200 metri, i resti di una città medioevale scavata nella roccia, uomini e donne sul fiume. Un luogo sospeso nel tempo, la cui esistenza è minacciata dalla costruzione di una diga che rischia di spazzare via tutto.
L'idea di girare un documentario su Hasankeyf nasce subito, ma i dubbi sono molti: una produzione all'estero con elevati costi di trasporto, la necessità di ottenere permessi dalle autorità turche, le incognite di un lungo soggiorno della troupe in una paese straniero....
La materia è però talmente interessante e la passione di Mauro talmente contagiosa che il progetto prende corpo: dopo una prima fase di documentazione sulla vicenda di Hasankeyf, la raccolta delle risorse necessarie a coprire le spese della lunga trasferta per le riprese e la pre-produzione vera e propria (organizzazione logistica, richiesta dei permessi, individuazione di un direttore di produzione ad Hasankeyf), la troupe parte per la Turchia nel mese di giugno, per fermarsi un mese e mezzo. Le condizioni climatiche non sono tra le più favorevoli (oltre 40 gradi all'ombra già dall'inizio di giugno), ma la comunità di Hasankeyf accoglie la troupe con un affetto e una disponibilità che agevola il lavoro e lo rende leggero.
Ad una prima fase di verifica della situazione, di sopralluoghi e di pianificazione delle riprese, segue lo shooting del documentario: la valle del Tigri, le alture che dominano Hasankeyf, il lavoro dei contadini, la vita sul fiume, la botteghe in paese; le interviste al sindaco, al responsabile degli scavi archeologici, agli insegnanti e agli studenti, agli anziani del paese... Un paziente lavoro fatto di curiosità e di rispetto, nel tentativo di cogliere, entrando in punta di piedi, l'essenza di questo luogo.
Ritornati in Italia con circa 40 ore di riprese, inizia la fase di post-produzione: un lavoro lungo e appassionante, iniziato con la traduzione delle interviste, corretta e ricorretta nel tentativo di cogliere le minime sfumature delle testimonianze raccolte e proseguito con l'attenta selezione delle inquadrature, la difficile costruzione di un racconto cinematografico tra i mille possibili e la composizione della colonna sonora. I credits non rendono giustizia ai professionisti che con passione e competenza hanno lavorato a questo progetto: a loro va il ringraziamento più sentito della produzione.
..........................................................................................................................................................................................................Gianluca Gibilaro
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HASANKEYF E LA DIGA ILISU
Hasankeyf è un villaggio curdo nel triangolo compreso tra Diyarbakir, Batman e Mardin, nella Turchia sud orientale; è un museo all’aperto di 12mila anni, arroccato sulle sponde rocciose del Tigri.
Le sovrapposizioni di civiltà e culture dell’intera regione si mostrano nelle tracce di antichissimi insediamenti umani, con le centinaia di grotte, nell’elegante minareto della moschea El-Rizk e, sulla riva opposta, le tombe monumentali, una cupola su cui sono visibili le tessere di ceramica azzurra che ricordano la vicina arte persiana. Oggi tra le vestigia di Hasankeyf vivono pastori e agricoltori curdi, ma anche artigiani, venditori di souvenir, e qualche ristoratore, di fronte ad una vista mozzafiato.
Nel 1954 il governo turco ha iniziato ad elaborare il progetto di una diga, Ilisu, che una volta completata sommergerebbe Hasankeyf sotto 30 metri d’acqua.
La diga Ilisu fa parte del progetto Gap, Progetto Idrico per l’Anatolia Sud-Orientale, che prevede la costruzione di dighe e centrali idroelettriche lungo l’alto corso del Tigri e dell’Eufrate. Dal 1980 alcune dighe sono già state costruite e 320 villaggi evacuati, molto spesso con metodi discutibili. La mancanza di finanziamenti ha però fatto slittare l’inizio dei lavori di Ilisu fino a quando, nel 1999, la società svizzera Sulzer AG si è detta interessata a finanziare il progetto. Ad essa si aggiungono negli anni seguenti società
tedesche, austriache e italiane.
Il governo turco riprende il progetto, sostenendo di voler terminare i lavori della diga entro il 2014. Ilisu sarà la seconda diga del paese, con una capacità di circa 10 kmu00B3 e una superficie di 313 kmu00B2, sommergerà 6mila ettari di terre arabili e il bacino idrico che si formerà inonderà una valle lunga 136 km, con una produzione di 3833 Gwh l’anno per 300 milioni di dollari di ricavi.
Il rovescio della medaglia è ovviamente drammatico: oltre 289 siti d’inestimabile valore archeologico verranno spazzati via e più di 200 insediamenti umani saranno sommersi, costringendo in tutto 55mila persone allo sradicamento, alla perdita del lavoro, delle case o al trasferimento forzato in altre zone del paese, esposte all’esclusione sociale e all’emarginazione.
Inoltre Ilisu nascerà a soli 65 km dal confine con la Siria e l’Iraq, dove il controllo delle acque del fiume da parte della Turchia avrà particolari ripercussioni su equilibri geo-politici già delicati e sulle popolazioni civili.
Oggi gli istituti di credito europei che avrebbero dovuto finanziare il progetto si stanno ritirando: le agenzie di credito all'export, inviate dalle singole banche, hanno fatto verifiche in Turchia e hanno riscontrato che il piano operativo proposto da Ankara non è adeguato agli standard europei. Così, per ora, si è per ora bloccata la costruzione dell'invaso. Ma il governo di Ankara non si arrende.
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